Sinossi
Nel volume vengono presentate tre prospettive sulla comunicazione online, utilizzando come filo conduttore l’evoluzione delle conoscenze nell’ambito dei media digitali, con un particolare sguardo alla storia italiana.
L’arco temporale considerato è estremamente ampio: analizzando la crescita e le aspettative della comunicazione telematica si parte dagli inizi del Web per arrivare fino ai giorni nostri. In questo percorso si evidenziano in particolare i due rami considerati più importanti di questo “albero evolutivo”: l’ipertesto e i social network, elementi portanti della rete di conversazione distribuita. Partendo dai primi siti, passando per la crisi della new economy e per il notevole cambiamento di paradigma del Web 2.0, si esamina la fase attuale dominata dai social media, osservandone le dinamiche secondo un duplice asse: diacronico e contenutistico.
Suddivisione
Dal punto di vista temporale si sono distinte due fasi (corrispondenti alle prime due parti del libro): una prima fase che va dall’inizio delle pubblicazioni sul Web passando per i grandi portali e la crisi economica del 2000, fino all’implementazione dei primi social network, nell’alveo della teoria delle reti (1991-2006); una seconda fase riprende dal contesto applicativo del Web 2.0 ed evidenzia le criticità del modello conversazionale sviluppatosi con i social media, giungendo fino ai giorni nostri (2007-2017). In questa fase il problema delle fonti e delle notizie non vere o verosimili, dirimente sul dibattito dei social network, caratterizza l’analisi del funzionamento e delle distorsioni del medium digitale, nel quadro di un diffuso analfabetismo digitale declinato in varie forme, e nella prospettiva di un utilizzo consapevole del Web. In questo contesto si approfondisce la tematica della narrazione, partendo da una prospettiva costruttivista, e di come questa venga accresciuta ed espansa nei social media, rafforzata da bias cognitivi e camere dell’eco. Si traccia quindi una possibile mappatura per un modello multidimensionale, che incorpora le caratteristiche di più elementi in una narrazione collettiva: i “cluster digitali”, agglomerati online che superano e ampliano il fenomeno delle “bolle digitali” (filter-bubble) descritte da Eli Pariser nel 2011.
Dopo aver descritto le tematiche storiche e teoretiche, nella terza parte vengono presentati alcuni strumenti per un’evoluzione delle competenze digitali, fornendo strumenti e metodi pratici per l’utente della rete, al fine di ridurre il rischio di perdersi nel processo entimematico cui è continuamente sottoposto. In particolare, si approfondiscono le best practice per la verifica di notizie e la ricerca di dati online, riaffermando la necessaria strutturazione di una capacità di giudizio critica nel saper leggere e condividere ciò che viene elaborato in rete, con riferimento anche all’etica della comunicazione. Poiché l’utente è protagonista, ci si è concentrati infine sulla gestione e verifica dei dati personali e sulla creazione dei contenuti che possono diventare più efficaci attraverso tali strumenti, e che integrino ed arricchiscano il bagaglio di conoscenze
acquisite, al fine di un utilizzo completo delle potenzialità della rete.
Struttura e percorso tematico
Nella prima parte l’ordinamento è di tipo essenzialmente storico e prende avvio dalla nascita del Web, considerandone lo sviluppo e le aspettative riposte nell’avvento dei nuovi paradigmi di condivisione della conoscenza. L’ipertesto, teorizzato negli anni precedenti, si sviluppa su un paradigma di condivisione definito intorno a un modello di rete di tipo scale-free, con protocolli standard ed aperto a tutti: nasce così su Internet, nell’ambiente di ricerca di cui ripercorrerà la genesi, il modello del World Wide Web. Questo passaggio apre l’accesso universale a una vastità di informazioni e di conoscenza e viene coniato il termine di “intelligenza collettiva” dallo studioso francese Pierre Lévy, nel 1994. In questo ambito di pensiero e attraverso la successiva creazione di nuovi strumenti si sviluppa la conversazione distribuita.
Il contenuto di questa prima parte può essere a sua volta suddiviso in tre macro-sezioni: una prima sezione tratta della storia di Internet e delle sue origini fino alla prima ondata dei social network, insieme agli ipertesti e gli strumenti di scrittura online. Una seconda sezione è dedicata alla crisi del Web da un punto di vista finanziario-economico, che ha rappresentato uno spartiacque alla fine del 1999. Una terza sezione approfondisce i nuovi paradigmi di gestione della conoscenza, gli strumenti del condividere e il modello di conversazione distribuita implementati negli anni successivi al 2000. Questa fase di grande evoluzione coincide con l’espansione dei social network, che vengono esaminati in un approfondimento temporale, terminologico e tecnico. La seconda parte rappresenta la struttura centrale del lavoro, in un percorso di approfondimento più articolato che entra nel cuore dei cluster digitali. Inquadrando i problemi derivanti dalla diffusione dei nuovi paradigmi di conversazione all’interno delle strutture più vaste dei social network, si correlano le dinamiche di diffusione online con
quelle della narrazione personale e collettiva, richiamando nell’ambito della psicologia il Costruttivismo – in particolare la declinazione “post-razionalista” definita da Vittorio Guidano. Si arriva così ad individuare la costituzione di macro-elementi digitali che aggregano le diverse componenti e che danno il titolo al lavoro. Il percorso si articola su un denominatore comune che è il racconto della realtà, con la produzione e condivisione di narrazioni online, insieme ad alcuni elementi critici: una percezione distorta dei fatti, una ridotta capacità critica nel decifrare la realtà, e una scarsa conoscenza del mezzo digitale. Molte costruzioni narrative, già esistenti prima del Web senza avere ancora connotati pervasivi o informazionali, nel momento in cui vengono “pantografate” sulla rete cambiano anche le loro dinamiche: la propagazione accresce rapidamente e rinforza le percezioni errate; e queste, nel processo di trasferimento ai social media, si saldano alle selezioni degli algoritmi e alimentano il fenomeno delle “bolle” digitali.
Il processo in questa fase è caratterizzato da fenomeni che si rafforzano
a vicenda: il filtraggio dei contenuti, che è automatico e non trasparente, ovvero non informa su ciò che non viene mostrato; e le camere dell’eco, che favoriscono l’entrata e la permanenza in spazi digitali in cui convergono idee e pregiudizi, e dove si rimane perché gli algoritmi ritengono sia l’area desiderata – non sbagliando di tanto. Il processo assume la forma del circolo vizioso, portando a una dinamica di rinforzo e polarizzazione, che deprime la peculiarità dei social network di facilitare il confronto e favorisce, al contrario, l’aggressività e la contrapposizione nel dialogo. Lo stesso fenomeno dell’online hate speech, collegato e analizzato, procede dalla combinazione di alcuni tra questi fattori insieme al portato di una rabbia sociale che è reale e veicolata attraverso le piattaforme digitali.
All’interno di questi processi si inseriscono le fake news, analizzate nelle loro diverse sfaccettature, che con la pervasività e diffusione dei social media creano un pericoloso cortocircuito tra narrazione, pregiudizi, media polarizzati e azione degli algoritmi. Il messaggio distorto cresce, si amplifica, si rafforza, espandendosi nella rete con modalità e tempistiche virali.
Il “combinato disposto” delle configurazioni narrative, delle caratteristiche della rete, delle scelte degli utenti, delle distorsioni cognitive con le relative camere dell’eco, delle notizie false e delle fonti polarizzate, insieme ai filtri applicati dagli algoritmi, porta alla possibile formazione di accorpamenti maggiori: si è cercato di proporre una prima rappresentazione di questi oggetti, ai quali si è dato il nome di cluster digitali, connotandone alcune caratteristiche di massima. Le strutture di queste aggregazioni non tendono a ripetersi nella realtà in quanto tali, ma hanno una formazione e una definizione online; in altre parole si formano solo sul mezzo digitale, e tendenzialmente non corrispondono a una struttura uguale nella realtà. Tuttavia il punto di contatto è la narrazione, che è “al centro” di ciascun cluster e collega il mondo online con quello offline.
Si è evitato di effettuare una classificazione di tali aggregazioni perché non è questo lo scopo del lavoro, e perché la corrispondenza biunivoca ovvero binaria tra le singole bolle si riscontra eventualmente solo tra “realtà narrata offline” e “realtà narrata online”, che in alcuni casi può determinare delle configurazioni stabili col carattere della permanenza. Chi è all’interno di un cluster digitale vede e vive una Introduzione 19 narrazione rinforzata che fa sembrare totalmente sbagliate idee e giudizi di altri cluster, e viceversa: l’iper-polarizzazione è il primo e principale effetto della combinazione delle bolle digitali con la narrazione.
Non bisogna perdere di vista due elementi fondamentali: il primo è che questi raggruppamenti non potrebbero esistere in modo così pervasivo e con tali numeri senza l’esistenza delle piattaforme digitali social, che riuniscono narrazioni anche molto lontane nel tempo e nello spazio in un contesto comune; il secondo è la decontestualizzazione esperienziale che tali modalità di coinvolgimento producono, che rende la narrazione più distante dalla realtà, collocando l’esperienza condivisa in un “non-luogo virtuale” il quale è trasmesso e verbalizzato.
Uscire dalla “bolla”
Uno degli obiettivi del lavoro è stato di comprendere come tali strutture online possano essere comprese, eventualmente depotenziate, e in particolare, nell’ambito delle scienze della comunicazione, di come si possa passare il confine tra le configurazioni apparentemente rigide di tali raggruppamenti per accedere al dialogo anche tra posizioni diverse. L’intento è anche di disinnescare ciò che rende più distanti le posizioni, spesso frutto del fraintendimento online, a sua volta causato dal modello conversazionale scritto e interpretabile. Sono state così individuate due “zone” (liminali e liminari), che rappresentano gli spazi di confine tra i raggruppamenti digitali. Queste zone possono essere sfruttate per innescare il processo virtuoso che può portare a un risultato efficace, ovvero a smontare il disaccoppiamento esistente tra
esperienza e realtà, riequilibrando il discorso con elementi verificabili. Naturalmente è necessaria una buona perizia comunicativa, così come la conoscenza delle limitazioni del medium online. Anche su questo aspetto si è cercato di dare al lettore una serie di elementi utili per migliorare le competenze digitali.
L’obiettivo finale, indicato da alcuni studiosi della materia, rimane quello che con una metafora viene indicato col termine “uscire dalla bolla”: ovvero evitare di restare chiusi nella sola prospettiva creata dalle scelte degli algoritmi e dalle proprie convinzioni. La sfida assume particolare importanza osservando che due tra i più grandi vettori di informazione online, Facebook e Google, si propongono di introdurre una serie di correttivi per ridurre le dinamiche distorsive, con un intento teoricamente positivo ma potenzialmente insidioso. L’idea di attribuire un “bollino di qualità” alle informazioni e alle notizie, peraltro, è ripresa anche da alcune istituzioni e governi, aumentando il rischio che all’azione previsionale degli algoritmi si sommi quella orientativa della politica.
La grandezza di scala dei mediatori in causa, e la dinamica di selezione delle notizie, pongono questioni in cui un’azione di compensazione e controllo, laddove attuata con metodi qualificati e strumenti condivisi, è probabilmente inevitabile – anche se auspicabilmente il più limitata possibile. Il traguardo più importante rimane, però, quello di incrementare la capacità e la consapevolezza critica di chi usa quotidianamente la rete per informarsi e decidere. Nel momento in cui le piattaforme – o anche le istituzioni – selezionassero ciò che risulta “vero”, finirebbero per rinforzare quell’azione di filtraggio che cercano di risolvere, in un effetto distorsivo auto-indotto; d’altra parte rischierebbero di abbassare ancora di più, negli utenti, la soglia del pensiero critico la cui crescita e maturazione, in questo lavoro, è sottolineata come passaggio fondamentale.
L’evoluzione delle competenze digitali, quindi, rimane la sfida di un percorso da compiere, soprattutto in contesti dove è più scarsa l’alfabetizzazione culturale. Wittgenstein, uno dei grandi pensatori del Novecento, parlava dei linguaggi come «strade»: in questo senso la via maestra non può che essere il confronto con le diversità, farsi comprendere anche da chi non è d’accordo e vedere le cose da prospettive differenti. In fondo, questo è il percorso della comunicazione stessa, che crea codici nuovi per capire la realtà e getta ponti di dialogo tra le pluralità di significati. Certamente un percorso non facile, ma la possibilità di scegliere e confrontare così tante fonti, come avviene oggi online, è un’occasione imperdibile per arricchire la propria conoscenza e quella di chi ci segue.